Mancava una pubblicazione dove trovare la storia dei CSV o, meglio, le tante storie dei CSV che hanno contribuito a vincere, in tutte le regioni d’Italia, la sfida lanciata nel 1991 dal Parlamento. Fu la legge quadro 266/91 che immaginò il nuovo strumento per promuovere con più incisività il volontariato nel nostro Paese. L’impegno che ne è derivato ha riguardato, anche, la fedeltà al modo indicato dal legislatore.
La logica generativa, infatti, fu quella che i Centri fossero gestiti da una pluralità di associazioni, esse stesse destinatarie dell’intervento. Qualcosa che ha molto a che fare con il principio di sussidiarietà richiamato dalla carta costituzionale: una condizione che ha portato migliaia di organizzazioni di volontariato – differenti per dimensioni, sensibilità, abitudini, settore di intervento – a fare fronte comune e ad impegnarsi insieme nella gestione di questi “soggetti nuovi”.
È stato correttamente sottolineato che il recente Codice del terzo settore è giunto finalmente a riconoscere le reti associative e a scommettere sulla capacità degli ETS ad associarsi tra loro, favorendo in tal modo interessanti sinergie. Ebbene, non può rimanere in secondo piano, che i CSV – essi stessi confermati dalla nuova normativa – rappresentano da tempo una concreta realizzazione di tale predisposizione. E ciò che ha fatto da collante e da stimolo nei primi vent’anni di servizio è stata la comune appartenenza ai valori identitari del volontariato, associata alla spinta motivazionale a volerne diffondere l’esperienza nel maggior numero possibile di biografie personali.
Se credi, per conoscenza diretta, che “essere” e “fare” volontariato sia cosa bella e positiva per te e per gli altri, diventi inevitabilmente contagioso. E i CSV sono divenuti il capillare e ramificato sistema operativo volto ad amplificare questo contagio nella popolazione della penisola, con particolare attenzione alle nuove generazioni.
La stessa Corte costituzionale, impegnata sulla normativa riguardante i CSV, ha pronunciato parole preziose riconoscendo il volontariato non tanto una materia bensì un modo di essere della persona nell’ambito dei rapporti sociali, un paradigma dell’azione sociale, l’espressione più immediata della primigenia vocazione sociale dell’uomo.
Il volume “Vent’anni di servizio”, presentato venerdì scorso alla Camera, rende evidente attraverso il colore delle fotografie e la profondità delle testimonianze che la nascita dei CSV – a partire dal 1998 – non è stata un’operazione fredda e anonima ma un’azione calda, che si è nutrita di valori, motivazioni, entusiasmo.
Le pagine della pubblicazione rappresentano un doveroso contributo alla conoscenza di questo tempo e di questa esperienza. Un mosaico di tessere che, nell’insieme, consentono di cogliere la ricchezza di una presenza che ha attinto fortemente alle radici della società civile, ha coinvolto migliaia di persone, si è irrinunciabilmente ancorata ai territori di cui sono espressione.
Il libro esce, non a caso, nel momento di transizione tra la vecchia e la nuova normativa. Una nuova stagione che va interpretata garantendo continuità ed evoluzione. Le pagine date alla stampa (disponibili in formato elettronico sul sito di CSVnet) non intendono dare spazio, dunque, a nostalgie o rimpianti bensì favorire consapevolezza ed assicurare memoria mentre ci si predispone a nuovi scenari.
I CSV sono arrivati ad esprimere circa 400 punti attivi in Italia e, su base annua, a beneficiare dei propri servizi oltre 42 mila organizzazioni (di cui 71% organizzazioni di volontariato) ecoinvolgendo 41 mila cittadini e oltre 168 mila studenti. I soci dei CSV che partecipano alle assemblee ed esprimono gli amministratori si attestano sulle 9 mila unità (88% delle quali sono organizzazioni di volontariato) e sono destinati ad incrementarsi. Un sistema capace di contare su oltre 2 mila volontari fortemente attivi e di 843 operatori.
Vent’anni fa si iniziò ad operare con spirito pionieristico. Oggi si sta procedendo con nuovi stimoli, raccogliendo il mandato del Codice a promuovere e rafforzare la presenza ed il ruolo dei volontari in tutto il terzo settore. Tra vent’anni, si potranno raccontare nuove acquisizioni, nella certezza che promuovere il volontariato è inevitabilmente un’azione dinamica ed innovativa come il volontariato stesso.
Un’azione che muove da una precisa visione culturale e presuppone una chiara dimensione politica che, come il libro testimonia, rifugge l’omologazione ed esalta l’espressione autentica e responsabile dei cittadini e delle comunità locali.
Una versione di questo articolo è stata pubblicata nell’inserto “Buone Notizie” del Corriere della sera del 5 maggio 2018.
di Stefano Tabò