Marzo 2017
“Era da tempo che cercavo un modo per poter impiegare il mio tempo libero in attività che non fossero ulteriore perdita di tempo. Un giorno parlando con una cara amica, da anni impegnata nel volontariato, scoprii quello che fin a quel momento era stato per me solo fonte di frustrazione e arrabbiature ogni volta che mi imbattevo in qualcuno che pronunciasse l’aggettivo migrante o profugo.
La domanda è stata semplice: -Ti andrebbe di dedicare qualche ora all’insegnamento dell’italiano ai migranti?-
La risposta è stata altrettanto semplice: -Si ,quando posso iniziare?-
Finalmente avevo la possibilità di toccare con mano quello che sostengo da sempre, i migranti, i profughi, i richiedenti asilo sono esseri umani che ci stanno chiedendo, anzi urlando: AIUTATECI!
Sono uomini, donne, ragazzi, famiglie che decidono di lasciare la loro terra per i più svariati motivi: instabilità politica, guerre, povertà, impossibilità di poter avere un futuro dignitoso per sé e per la loro famiglia.
La domanda che mi pongo è: chi non lo farebbe se si trovasse nella stessa situazione?
Cominciai la mia avventura un martedì anno scolastico 2015-2016. Dietro di me la lavagna era quasi di conforto, di fronte a me c’erano 5 persone da 5 paesi diversi,religioni diverse,culture diverse, lingue diverse.
Io avevo portato con me il timore di non essere all’altezza, di non essere capita, ma anche la grande speranza di poter essere d’aiuto, seppur in minima parte, ad ognuno di loro.
Ogni martedì e giovedì si entra in classe e quel “buongiorno maestra” diventa sempre più fluido senza sbavature. La frase “maestra io andare a casa dopo” è diventata “maestra io vado a casa dopo la lezione”.
Ci sono momenti in cui inevitabilmente le loro esperienze saltano fuori, lasciando un senso di impotenza misto a rabbia e dispiacere. Come quella volta che affrontando il tema “la mia famiglia” Husnain perse lo sguardo sulla cartina in cerca del Pakistan.
– Che succede Husnain?-
– Penso a mama e papa, cinque anni che io non vedo loro.-
Cinque anni significa che quel ragazzo ha lasciato la sua terra a 19 anni attraversando Pakistan, Iran, Iraq, Turchia, Grecia. E’ giunto in Italia a 24 anni. Accennò ad un sorriso e traducendo dall’inglese (riusciamo a capirci con l’inglese, quando l’italiano diventa troppo difficile) disse: -Tornerò a casa, prima o poi!- .
Come la storia di Husnain ce ne sono tante altre. Storie semplici, di quotidianità impossibile, come quella di Noun, ragazzo somalo. Lamentava da settimane un gran mal di denti e mal di testa. Ogni volta che gli chiedevo se avesse visto un medico, rispondeva di sì, ma che il problema si ripresentava per colpa del freddo patito di notte. Noun dorme, anzi fortunatamente non dorme più, su una panchina. Di giorno si rifugiava in biblioteca ma quando le porte si chiudevano ad aspettarlo c’erano il freddo e quella panchina. Sono intervenuti i volontari dell’emergenza freddo, ora quel ragazzo dorme al caldo, in un letto e un giovedì è arrivato con un berretto di lana in testa. Era felice, ed io con lui.
Avrei da raccontare un aneddoto per ognuno di loro. Le lacrime di Shezhad nel pensare ai propri figli e a sua moglie ma anche i suoi grandi sorrisi orgogliosi mentre ci mostra le foto di quei due monelli. La compostezza di Wassim, la dolcezza di Ibrahim e sua figlia Miriam dalla Siria. Loro, devo ammetterlo, sono la mia soddisfazione più grande, i pù’ bravi della classe. Ismaeel era un perito chimico prima che scoppiasse la guerra che devastò la sua terra sei anni fa. Ora è un uomo che cerca la salvezza e un futuro dignitoso per se e i suoi figli, possibilmente lontano dai bombardamenti. Chi non avrebbe lo stesso desiderio si trovasse a dover lottare tutti i giorni tra la vita e la morte vedendo intorno a sè solo distruzione?
Intanto i giorni passano, la primavera sta prendendo il posto dell’inverno, le lezioni vanno avanti e la soddisfazione di vedere e sentire studenti coniugare correttamente la maggior parte dei verbi per un’ insegnante (senza arte ne parte) come me è davvero grande. Il merito ovviamente è soprattutto loro, che ci mettono impegno e costanza per dimostrare che nessuno affronterebbe un mare in burrasca su una barchetta se quello che lascia fosse migliore di quello che trova”.
Una volontaria vincenziana
Approfondimenti:
Emergenza freddo/1 – Il Progetto nel 2017
Emergenza Freddo / 2 – Sottoscrittori del Progetto
- Città di Biella
- Consorzio I.R.I.S.
- Consorzio CISSABO
- Caritas Diocesana Biella
- Anteo Cooperativa Sociale (struttura Belletti Bona)
- Croce Rossa Italiana sez. Biella
- Centro Territoriale per il Volontariato
- ASL BI
- Gruppi di Volontariato Vincenziano
- ACLI Biella
- Associazione Papa Giovanni XXIII di Biella
- Associazione La Rete