EMERGENZA FREDDO 2016/2017. La testimonianza di una volontaria vincenziana
Biella, 26 marzo 2017
Cominciato metà dicembre 2016, il progetto “Emergenza Freddo” finirà il 31 marzo 2017.
Rivolto ai senza tetto, in un’ala dell’Istituto “Belletti Bona” di Biella offre 20 posti letto, un pasto caldo alla sera e la prima colazione.
Faccio parte del G.V.V. – Gruppi di Volontariato Vincenziano – e quando mi è stato proposto di occuparmene, con molto entusiasmo ho immediatamente aderito. Da tempo era questo un mio desiderio. Desiderio di far sentire come a casa chi casa non ha.
Insieme ai volontari della C.R.I. (che sono diventati nuovi amici), abbiamo lavorato cercando d’esser d’aiuto agli Operatori (altri nuovi amici), nelle mansioni che via via ci venivano indicate dagli stessi. In perfetta sintonia con loro e in un ambiente molto ben organizzato, è risultato facile lavorare “in squadra”.
Gli ospiti in prevalenza asiatici di nazionalità pakistana e afgana, africani del Nordafrica, Niger e Gambia, tutti rifugiati e richiedenti asilo; insieme a loro persone dell’Europa dell’Est alcol- dipendenti tutti e pochi italiani, tra questi solo una donna: chi tossicodipendente, chi ex tossicodipendente, chi alcolista e chi ex alcolista e chi niente di tutto ciò. Persone, che, perso il lavoro, hanno perso tutto.
Così, uno ad uno li ho frequentati e conosciuti tutti. Tra discussioni, scherzi e risate e liti che scoppiavano all’improvviso e altrettanto all’improvviso finivano, di ognuno di loro ho avuto modo di capire il carattere. E non sono mancate alcune vicende dai contenuti forti che siamo sempre riusciti a contenere.
Con gli stranieri, a parte i primi giorni di timore e diffidenza da parte loro, c’è stato un vero e proprio scambio culturale. Nasceva così la loro esigenza di avvicinarsi alla lingua italiana.
Attraverso alcuni libri e dizionari, in particolare per i Pakistani il dizionario di Italiano/Urdù (lingua ufficiale in Pakistan), era diventata consuetudine, dopo il pasto, dedicarci alla conoscenza reciproca degli usi e costumi,cultura, tradizioni, malagestione del potere, politica e corruzione e tutti i problemi che ne derivano, e da cui fuggono per dare alla propria famiglia un’esistenza migliore. Per i figli, così come afferma uno di loro, che ritiene essere il proprio paese duecento anni indietro rispetto l’occidente.
Ho cercato di insegnare loro l’italiano nel modo più semplice: disegnavo l’oggetto e ne scrivevo il nome. Oggetti di uso quotidiano etc. su fogli A4 che venivano appiccicati alla parete della cucina affinché fossero visibili a tutti, anche a quelli che non conoscono altra lingua oltre la loro.
E funzionava. Un giorno, facendo pulizia in casa ho ritrovato due grandi carte geografiche, un planisfero e una carta dell’Europa. Essendomi trasferita in una casa molto più piccola, non ero riuscita a trovare loro una collocazione. Ma non era mia intenzione liberarmene, poiché adoro le carte geografiche. Mi basta posarci lo sguardo per viaggiare con la mente e conoscere nuovi luoghi.
E avevo finalmente trovato il giusto posto dove collocarle: appese alla parete della cucina dell’Emergenza Freddo, cosicchè tutti avrebbero potuto ripercorrere il loro viaggio verso l’Italia. Così fu. E non solo. Affascinati si avvicinavano cercando il loro paese, indicando da dove erano partiti e spiegavano in che modo avevano viaggiato e cosa avevano incontrato durante il lungo e non facile percorso; si scambiavano informazioni e il tutto diventava argomento di conversazione e anche di divagazione; come in psicoterapia sembrava quasi che rivivendo quei momenti riuscissero finalmente a metabolizzarli e accantonarli in un angolo della mente come cosa conclusa, finita, che appartiene ormai al passato. Ora bisognava pensare al futuro. E progettavano di andare verso il Nord Europa, là dove si può trovare lavoro e di conseguenza una vita dignitosa.
Abbiamo viaggiato e attraversato mezzo mondo su una carta, per poi ritrovarci tutti, italiani e non, nessuno escluso, con la stessa urgenza. Quella di un mondo migliore, in armonia tra i popoli, che avviene solo tramite la conoscenza e il rispetto dell’altro, che altro non è se non noi stessi.
Tutti loro ben impressi nel mio cuore e nella mia mente, dal tossico che mi chiamava a fumare sul balcone per potermi raccontare della sua vita, da Ahmed, ragazzo del Niger che ha guarito la mia mano come faceva il Carlino di Ceresito, da alcolisti ladri e gentiluomini, da ex alcolisti con forte sentimento di rivalsa e decisi ad andare avanti, da depressi cronici convinti di aver sempre avuto esperienze negative, da giovani senza lavoro e casa, senza uno straccio di posto dove poter stare, da Sahid, ragazzo pakistano che tagliava i capelli a tutti, pure a me, da Atif, leader saggio e autorevole del gruppo degli asiatici.
Chiaro, li vorrei vedere tutti sistemati e riuniti alle loro famiglie. Spero quindi che scelgano sempre la strada giusta, quella che solo il cuore sa indicare.
Potrei scrivere ancora e ancora di tutte le cose successe e dette, ma non so quando finirei. Sono felice di esser stata utile in qualche modo a qualcuno.
Questa la mia esperienza nel progetto Emergenza Freddo.
Un volontaria vincenziana