Sono passati più di due anni dall’inizio delle proteste in Iran. I cittadini, scesi in piazza per sfidare decenni di oppressione e discriminazione, continuano a subire le conseguenze della repressione della rivolta “Donna Vita Libertà”.
Da allora le forze di sicurezza esercitano violenza fisica contro chi manifesta o semplicemente osserva. Sono già centinaia i morti, tra cui decine di minorenni, ancora di più i feriti e migliaia gli arrestati.
Non si sono mai svolte indagini parziali e indipendenti sulle denunce presentate e le autorità hanno negato e distorto i fatti per nascondere le prove dei loro crimini e obbligare al silenzio le persone sopravvissute e le famiglie delle vittime che chiedevano verità e giustizia.
Per far rispettare l’obbligo del velo e stroncare la rivolta lo scorso aprile le autorità hanno lanciato la campagna “Piano Noor”. Sono così aumentati pattugliamenti, inseguimenti automobilistici, confische di massa di autoveicoli, arresti e violenza fisica.
Attualmente è ferma al parlamento in attesa di ratifica la “Legge a sostegno della cultura della castità e dell’hijab”, che prevede frustate, multe, condanne detentive, divieti di viaggio, restrizioni all’istruzione e all’occupazione e introduce la pena di morte per l’attivismo pacifico contro l’obbligo del velo.
Dall’inizio della rivolta le autorità iraniane hanno raddoppiato l’uso della pena di morte. Le impiccagioni vengono eseguite pubblicamente al termine di processi iniqui che si basano su “confessioni” estorte con maltrattamenti, torture e violenze sessuali e sulle cui denunce non ci sono indagini indipendenti e imparziali. Dal dicembre 2022, per aver partecipato alle proteste, sono stati impiccati dieci uomini e più di altri dieci rischiano l’esecuzione o la condanna a morte. È anche in aumento l’uso della pena di morte contro le donne per reati politici.
In occasione della proiezione del film La Testimone, Amnesty raccoglierà firme per la liberazione di alcune donne detenute”.