Fonte: Csvnet – di Lara Esposito –
È un quadro normativo complesso quello che stabilisce le regole per continuare a fare volontariato in questa fase 2 “avanzata”. Nonostante la situazione sia decisamente più consolidata da un punto di vista legislativo rispetto alle settimane precedenti, rimane prioritario evitare nuove forme di contagio riaprendo i servizi e le attività con prudenza e responsabilità.
A inquadrare la situazione, un delicato equilibrio tra direttive nazionali – in particolare il Decreto Legge 33 del 2020 e il collegato Dpcm del 17 maggio 2020 – cui si aggiungono provvedimenti e protocolli emanati dalle Regioni e le province autonome, che potranno andare solo a limitare ulteriormente le libertà previste dal quadro nazionale. In questa fase, infatti, il bene giuridico “tutela della salute” ha un ruolo di preminenza. La stabilità è dettata dal fatto che il decreto legge 33 durerà fino al termine del periodo emergenziale (31 luglio 2020) e il dpcm del 17 maggio produrrà i suoi effetti fino al 14 giugno. Ci sono poi una serie di scadenze che riguardano le specifiche attività. Tra le difficoltà di orientarsi in questa nuova situazione, le indicazioni del dpcm in cui vengono elencate una serie di attività – alcune ammesse e alcune ancora sospese – che possono interessare trasversalmente il terzo settore. A questo si aggiunge il fatto che la normativa nazionale prevede che quelle locali possano incidere in determinati ambiti di attività.
A indirizzare i centri di servizio per il volontariato sul tema, Luca Degani, avvocato esperto di terzo settore, componente del Consiglio nazionale del terzo settore e presidente di Uneba Lombardia, che ha relazionato al seminario di formazione online organizzato da CSVnet sul tema “Volontariato e sicurezza: le indicazioni per il terzo settore nella fase 2” lo scorso 25 maggio. Introdotto dal consigliere delegato Giorgio Casagranda e moderato da Daniele Erler, referente tecnico area consulenza di CSVnet, al seminario sono intervenuti anche Paolo Bandiera (direttore affari generali di Aism), Gianfranco De Robertis (consulente Legale di Anffas), Marco Livia (responsabile progettazione e terzo settore delle Acli).
LA RATIO DELLA LEGGE: MENO INIBIZIONI, PIÙ PREVENZIONE
Degani nella sua relazione di apertura ha esposto, innanzitutto, la ratio delle due leggi di riferimento in questa fase. Da una parte c’è il dl 33/2020 che stabilisce la libertà di circolazione all’interno del territorio regionale senza dover motivare lo spostamento (eliminando così l’autocertificazione che ha accompagnato tutta la fase 1); dall’altra il Dpcm del 17 maggio 2020 stabilisce le regole per la riapertura, che in generale si possono sintetizzare nel divieto di assembramento, il mantenimento della distanza di sicurezza interpersonale di un metro e l’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale qualora non sia possibile mantenere tale distanza. L’atteggiamento generale, quindi, è quello di non inibire più le attività esercitabili (tranne alcune) e porre invece più attenzione alla prevenzione della trasmissione da contagio da contatto.
Altro elemento sottolineato dall’avvocato milanese è il riconoscimento delle normative regionali di incidere in modo significativo sulle ulteriori limitazioni delle attività. Ogni indicazione, quindi, dovrà essere debitamente contestualizzata e dipenderà da regione a regione. C’è da sottolineare che i protocolli di sicurezza – tra cui l’allegato 12 del dpcm del 17 maggio per la prevenzione del contagio negli ambienti di lavoro – sono documenti condivisi e approvati dalla Conferenza Stato-Regioni e questo li “blinda” rispetto a eventuali modifiche. Le norme del dpcm, inoltre, essendo un atto di governo non sottoposto a un percorso di conversione alle camere come i decreti legge, di sicuro rimarranno intatte fino alla metà di giugno.
COSA RIMANE CHIUSO?
Considerato che i minori sono vettori del virus, rimane chiusa la scuola e i luoghi in cui i giovani possono entrare in contatto. Come ha specificato Degani, oltre il 90% dei decessi da Covid19 coinvolge soggetti ultra sessantacinquenni pluripatologici per cui sono previste limitazioni all’interazione che li possono esporre al contagio. A loro si aggiungono le persone immunodepresse (di qualsiasi età) a cui viene chiesto di non fare nessuna azione che li mettano a contatto con gli altri. La limitazione giuridica, quindi, riguarda le attività che determinano i contatti fisici di soggetti a rischio o di chi ha più possibilità di trasmettere il virus come i ragazzi.
QUALI SONO GLI AMBITI IN CUI È POSSIBILE FARE VOLONTARIATO?
La risposta di Degani è semplice: tutti tranne quelli inibiti, seguendo le regole fondamentali per evitare occasioni di contagio. Questo significa che anche eventuali attività sociali e culturali se svolte in modalità telematica, ad esempio, possono essere svolte senza limiti. Le indicazioni riguardano gli ambiti in cui sono previste interazioni fisiche tra le persone.
Tra i settori particolarmente indicati, il volontariato sanitario, di protezione civile, quello all’interno dei servizi sociali rivolto a soddisfare esigenze primarie di soggetti fragili e in condizione di bisogno, presso centri diurni per persone con disabilità (sulla base delle disposizioni regionali), quello religioso (volto a regolare gli accessi agli edifici di culto), ma anche le attività organizzate per minori in spazi aperti e centri estivi (seguendo le linee guida all. 8 DPCM 19/2020 secondo cui i volontari devono essere appositamente formati su prevenzione e sicurezza, sulla base di specifici progetti approvati dai Comuni e autorità sanitarie locali) e il volontariato sportivo.
Tutte le attività dovranno, in ogni caso, seguire le indicazioni per la riapertura delle attività economiche e produttive dell’allegato 12 ed eventuali normative provinciali e regionali.
QUALI SONO LE ATTIVITÀ DI VOLONTARIATO ANCORA SOSPESE?
Quelle che prevedano manifestazioni ed eventi pubblici all’aperto (sagre, concerti, sale teatrali e cinematografiche…), nei centri culturali e sociali e i servizi educativi per l’infanzia.
CHI PUÒ SVOLGERE ATTIVITÀ DI VOLONTARIATO?
Come ha ribadito Degani, non c’è una norma che disciplini chi fa o meno volontariato ma valgono le stesse regole generali indicate in precedenza: vanno tutelati in modo categorico i soggetti a rischio ed evitate forme di diffusione del virus. Per fare un esempio: esiste un divieto assoluto di assembramento ma il centro culturale e sociale può fare delle azioni usando modalità al di fuori del luogo fisico e in un altro contesto (per esempio quello online). In questo caso è inibita l’attività nel luogo, non al soggetto.
QUALI SONO LE REGOLE GENERALI DA SEGUIRE?
Il protocollo da rispettare è quello per i luoghi di lavoro cui si aggiungono quelli regionali o comunali e quelli relativi alle singole attività esercitate. Se non c’è un protocollo specifico, si usano le indicazioni dell’allegato 12 (distanziamento, divieto di assembramento, sanificazione, dpi: obbligo di mascherine nel caso non sia possibile garantire la distanza interpersonale di sicurezza). Degani ha ribadito che anche per gli enti non profit è prevista una eventuale responsabilità penale (personale), civile e amministrativa (entrambi determinati nel caso in cui si verifichi un assembramento o un contagio).
RIUNIONI ORGANI SOCIALI, COSA FARE?
La linea dell’avvocato in occasione della formazione è quella – considerate le diverse proroghe previste – di evitare le assemblee e di riunirsi solo nei casi in cui sia possibile far rispettare la distanza interpersonale e il divieto di assembramento. In generale, sono preferibili quelle in video conferenza.