di Giovanni Augello – 08. gennaio. 2020
ROMA – Dovevano passare da oltre 60 a 49 entro il 2019, così come deciso dall’Organismo nazionale di controllo dei Centri di servizio per il volontariato (Onc) nell’ottobre del 2018, ma il nuovo assetto territoriale dei Csv non è ancora del tutto completo: diverse le ragioni, ma la strada imboccata è quella giusta, assicura Stefano Tabò, presidente di Csvnet, l’associazione nazionale dei Centri di servizio per il volontariato (Csv). Una riorganizzazione che non riguarda tutti i Centri di servizio presenti in Italia, ma che di certo è uno dei passaggi cruciali per il mondo dei Csv, così come stabilito dal nuovo codice del terzo settore. “Il processo coinvolge metà delle regioni italiane – spiega Tabò – perché per l’altra metà o non ci sono state differenze rispetto al numero precedente dei Csv, o perché già ridotti, oppure perché da sempre opera un solo centro regionale. Indubbiamente il panorama numerico dei Csv interessati dalla riforma è notevole, parliamo di più della metà dei centri. Dal punto di vista formale possiamo dire che siamo a metà strada”.
Una riconfigurazione dei Csv sul territorio italiano a dir poco complessa, ma non impossibile, visto che in tre regioni italiane già a inizio 2019 si era intervenuti con successo: dalla Lombardia dove si è passati da 12 a 6 Csv – Bergamo, Brescia, Insubria (Como-Varese), Lombardia Sud (Cremona, Lodi, Mantova, Pavia), Milano e Monza-Lecco-Sondrio – a Lazio e Umbria dove sono nati due Csv regionali. A fine 2019, tuttavia, il quadro delle “fusioni” tra Csv non è ancora completo. “Metà delle regioni che sono coinvolte hanno portato a termine il processo – spiega Tabò -, per l’altra metà non è che non sia accaduto nulla, ma siamo ad un passo dal rendere concrete le fusioni previste. Come Csvnet stiamo supportando i nostri soci sia da un punto di vista del processo e della consulenza, sia delle dinamiche relazionali quando ci viene chiesto di dare un supporto di questo genere”. Laddove non si è ancora concretizzata una fusione, tuttavia, si sta già lavorando in sinergia, aggiunge Tabò. “L’Onc ha già dato indicazione ai centri di servizio destinati a fondersi per il 2019 e in maniera ancora più vincolante per il 2020 di integrare prima e poi di ragionare in termini di programmazione congiunta. Al di là della forma, c’è un processo di avvicinamento concreto”.
A rallentare l’iter che avrebbe dovuto portare i Csv a soli 49 in tutta Italia entro l’anno, il percorso inedito indicato dal Codice del terzo settore: dal registro unico nazionale del terzo settore alla nascita dell’Organismo nazionale di controllo e dei suoi capillari Organismi territoriali di controllo, non ancora al completo. “L’elemento essenziale per determinare l’accreditamento degli enti che gestiscono i Csv sono i cosiddetti Otc, gli Organismi territoriali di controllo – spiega Stefano Tabò -. Ce ne sono 15, è il codice che lo prevede, e sono gli uffici territoriali dell’Onc”. Di questi, nove hanno competenza regionale e altri sei hanno competenza su due regioni, ma l’istituzione degli Otc è avvenuta proprio negli ultimi mesi del 2019. “È evidente che questo elemento ha inciso rispetto al processo – spiega Tabò -. L’Onc ha comunque ritenuto di procedere invitando tutti gli enti dei Csv interessati a fare una sorta di manifestazione di interesse all’accreditamento attraverso cui si è chiesto di rendere esplicito e vincolante l’intenzione di procedere agli adempimenti statutari e a richiedere l’accreditamento di cui il codice parla. La data di scadenza della manifestazione di interesse era fissata al 15 luglio 2019 e a quella data tutti gli enti gestori dei Csv hanno fatto pervenire la documentazione”. Anche il Csv di Belluno, spiega il presidente di Csvnet, che ha presentato ricorso in merito alla fusione con il Csv di Treviso, ha scelto di “procedere comunque ad un confronto con il Csv di Treviso e unitamente di esprimere, in attesa di questa decisione, un orientamento positivo alla fusione”.
La strada della riorganizzazione dei Csv, quindi, sembra ormai imboccata nel verso giusto. In ritardo soltanto le regioni Puglia e Basilicata che ad oggi non hanno ancora istituito il proprio Otc. “Secondo il codice, le due regioni avranno un unico organismo territoriale di controllo – chiarisce Tabò -. Sappiamo bene che affinché l’Otc sia istituito occorre che ci siano tutte le designazioni dei propri componenti e manca solo la designazione da parte della Regione Basilicata che è stata più volte sollecitata. Con questa designazione, che ci auguriamo pervenga al più presto, si completa anche il quadro degli organismi territoriali di controllo”. Un tassello mancante che tuttavia non scompone il quadro nazionale e le prospettive, aggiunge Tabò. “Da un punto di vista formale, anche in assenza degli Otc, tutti i Csv hanno avuto la possibilità di fare un passo avanti e di descrivere i modi in cui intenderanno muoversi o si sono già mossi per raggiungere i requisiti che il codice richiede – spiega il presidente di Csvnet -. Con gli Otc e con la loro piena funzionalità saremo in grado di portare a ulteriore maturazione questo processo che non poteva comunque chiudersi nel 2019 in assenza degli Otc funzionanti e invece ci auguriamo tutti che questa fase si possa esaurire nel 2020”. E sarà proprio il 2020 “l’anno della prova provata”, chiosa Tabò. “Per la prima volta il quadro sarà integralmente funzionante – spiega il presidente di Csvnet -, sperando che la regione Basilicata si sbrighi con le nomine”.
Per descrivere le sfide che i Csv si troveranno ad affrontare nel 2020, Tabò usa due sole parole: pluriennalità e integrazione. Due “elementi” che a suo dire dovranno marcare una linea di confine tra il passato e il futuro dei Centri di servizio per il volontariato di tutta Italia. “Integrazione perché il singolo Csv dovrà trovare sinergie e opportunità di lavorare insieme con i Csv vicini, a partire da quelli della propria regione ma anche con gli altri presenti sul panorama nazionale”. Per quanto riguarda la “logica della pluriennalità”, invece, si guarda sopratutto al futuro. “Non sarà ancora per il 2020, ma ci si prepara al 2021 – spiega Tabò -. Sarà il primo anno dove si metterà in campo quell’elemento che il codice esprime quando parla di una programmazione di risorse triennali da parte delle fondazioni di origine bancaria, con la definizione di linee strategiche generali che devono accompagnare l’utilizzo delle risorse”. E in quest’ottica, Csvnet ha deciso anche di anticipare la conferenza nazionale annuale. “Tendenzialmente si teneva dopo la pausa estiva – spiega Tabò -, ma per il 2020 la faremo a Torino e si terrà a giugno. Si tratta della ventesima conferenza di Csvnet e per la prima volta la organizzeremo in anticipo: questo ci permetterà già a giugno di fare un punto proprio in relazione a quelli che potranno essere gli sviluppi di progettazione e programmazione di medio e lungo periodo”. Un 2020 che quindi si preannuncia ricco di impegni per il mondo del volontariato italiano, a partire dall’inaugurazione ufficiale di Padova Capitale europea del volontariato prevista per il 7 febbraio alla presenza del Capo dello stato, Sergio Mattarella.
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