Il Quirinale da una parte, Palazzo Chigi dall’altra. E il mondo del non profit in mezzo. Non sono stati molti nel passato i momenti in cui, come avvenuto negli ultimi giorni del 2018, guardando al non profit e al terzo settore apparisse in tutta la sua evidenza una sostanziale diversità di vedute fra la presidenza della Repubblica e la presidenza del Consiglio.
Il discorso di fine anno di Sergio Mattarella, con la sottolineatura della “rete preziosa di solidarietà” rappresentata dal terzo settore, “immagine positiva dell’Italia”, che “ricuce e dà fiducia“, e che “sovente supplisce alle lacune o ai ritardi dello Stato”, seguiva di pochi giorni la decisione del governo di sopprimere la riduzione al 50% dell’Ires per enti senza scopo di lucro: un provvedimento che coinvolge fra gli altri istituti di assistenza sociale, società di mutuo soccorso, enti ospedalieri, enti di assistenza e beneficenza, e che – secondo la stima fornita dal Forum Terzo Settore – determina un aggravio di costi pari a circa 118 milioni di euro, destinato a tradursi in una pari diminuzione delle possibilità degli enti di terzo settore di rendere servizi ai cittadini.
Su questa norma specifica il governo ha ammesso di aver sbagliato e annunciato una retromarcia (da realizzare però in un prossimo provvedimento; nel frattempo la norma è in vigore), ma la gestione dell’intera questione è sintomatica di come i rapporti fra esecutivo e mondo della solidarietà organizzata non siano particolarmente idilliaci.
E’ vero, il governo Conte ha portato a termine alcuni decreti correttivi della riforma del terzo settore (modifiche largamente attese), e col Decreto fiscale sono aumentate le detrazioni a favore di chi dona al terzo settore, ma restano ancora oggi al palo tutti gli altri provvedimenti applicativi della riforma che erano stati lasciati in eredità dal governo precedente. Lo stesso Fondo per il terzo settore (previsto sempre dalla Riforma, con risorse destinate a iniziative e progetti promossi da organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale e fondazioni comprese tra gli enti del Terzo settore) è stato sì rifinanziato dall’attuale governo, ma con 62 milioni, circa 20 in meno rispetto all’anno precedente.
A suo modo, è indicativo anche il fatto che il Consiglio nazionale del Terzo settore, istituito a febbraio scorso con compiti consultivi, non si sia mai riunito dopo l’entrata in carica del governo targato Lega-M5S. E la stessa attribuzione ufficiale della delega sul Terzo settore, andata al sottosegretario al Ministero del Lavoro e politiche sociali, Claudio Durigon, non è arrivata certo in tempi record, essendosi perfezionata solo poco prima della fine di agosto.
Ma, soprattutto, una volta avviato, il rapporto fra le due parti non è stato esattamente quel che si dice un colpo di fulmine: l’impressione è che fra il sottosegretario leghista e il mondo delle organizzazioni intercorra un robusto scetticismo reciproco. Come dimostra peraltro, nel suo piccolo, l’episodio del messaggio inviato da Durigon al Forum Terzo Settore (e in generale a tutte le organizzazioni) in occasione della Giornata internazionale del volontariato del 5 dicembre scorso: in quella lettera il sottosegretario metteva in evidenza un concetto a suo dire “per troppo tempo trascurato”, e cioè il fatto che lo Stato, riconoscendo la valenza delle attività di utilità sociale, attraverso le agevolazioni fiscali di cui il terzo settore può godere, “rinuncia ad introiti che potrebbero essere ridistribuiti secondo altri programmi“. Con riferimento immediato ad associazioni che “con il loro operato hanno infangato il lavoro di tanti volontari”. Parole certo non accolte con entusiasmo dai destinatari, e che tralasciavano completamente ogni considerazione su quell’azione, svolta dal Terzo settore, di supplenza alle lacune o ai ritardi dello Statoche di lì a qualche settimana sarebbe invece stato centrale nel messaggio di fine anno agli italiani del Capo dello Stato.
Il punto di frizione con il governo è evidente in particolare in quelle prese di posizioneche dall’attuale maggioranza si sono nel tempo moltiplicate nei confronti di chi nel terzo settore è impegnato soprattutto in alcune attività (ad iniziare dal salvataggio in mare e dall’accoglienza ai richiedenti asilo) e che viene accusato di guadagnare a scapito di un supposto e contrario interesse pubblico generale (i taxi del mare, il business dell’immigrazione, ecc.). Un modo di porsi che tocca anche altri ambiti e situazioni (si pensi alla presenza di persone senza dimora in rapporto al decoro urbano) e che segnala un retroterra culturale differente che, ferma restando la differenza di ruoli, non rende agevole l’interlocuzione fra questo governo e la rappresentanza del mondo del terzo settore.
Ecco perché l’incontro di giovedì 10 gennaio con il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, è un momento comunque importante nel percorso di questa legislatura. Per la portavoce del Forum, Claudia Fiaschi, l’occasione per parlare non solo di Ires, ma per “costruire una agenda sui principali temi del paese in cui il terzo settore italiano é ogni giorno in prima linea nelle comunità”. Per il Forum è “fondamentale accelerare il completamento della riforma del Terzo settore con i provvedimenti attuativi ancora mancanti (linee guida per l’adozione dei modelli per la redazioni dei bilanci, Registro Unico del Terzo Settore), e con l’insediamento della Cabina di Regia presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Vedremo se, quanto e come, tutto ciò troverà spazio nell’agenda di governo dei prossimi mesi.