– Immagine: Giancarla Lorenzini . Progetto fotografico ‘Tanti per tutti’ –
Che cosa un volontario può fare o non fare in questo momento di emergenza sanitaria da Coronavirus?
E’ una delle domande più frequenti che molti volontari hanno chiesto a noi di CTV.
Per cercare di fare chiarezza in un periodo così complesso e in continuo cambiamento abbiamo creato questa sezione, in aggiornamento costante, in cui diamo alcune indicazioni in riferimento a:
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Attività e mobilità del volontariato
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Attività di volontariato tramite contatto telefonico con i cittadini
Una precisazione importante: tutto quanto riportato, in seguito, non vale per i volontari attivi nella gestione dell’emergenza, come quelli ad esempio di Protezione Civile.
Indicazioni sull’attività e mobilità del volontariato
Obiettivo di questo contributo è quello di fornire ai volontari e alle organizzazioni non profit alcune linee guida utili in merito alla possibilità di svolgere attività di volontariato nella situazione di emergenza in cui ci troviamo, alla luce del parere predisposto dallo Studio Degani per CSVnet sul tema.
Le informazioni che seguono sono tratte da una sintesi del parere legale, redatta da Daniele Erler di CSV Trento.
Tale contesto è caratterizzato, da un lato, dall’assenza di disposizioni normative specifiche (e quindi chiare) in tema di volontariato e, dall’altro, dal continuo ed inevitabile mutamento del quadro normativo.
Occorre quindi subito precisare che le attività di volontariato e la figura dei volontari non sono ad oggi disciplinate in modo specifico nei diversi decreti emanati dal Governo (fatta eccezione per la disapplicazione dell’art.17, c.5, del D.lgs. 117/2017, di cui si dirà in seguito), e quindi per individuarne i limiti (e le conseguenti facoltà) occorre fare riferimento in primis ai criteri dettati per gli individui in generale, valutando in secondo luogo se vi siano delle disposizioni più specifiche
disposte per le singole attività.
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Le limitazioni agli spostamenti degli individui
Il quadro normativo delle limitazioni relative agli spostamenti delle persone al fine di evitare il diffondersi del virus COVID-19 si ricava da una lettura congiunta del DPCM 8 marzo 2020, del DPCM 9 marzo 2020 e della circolare del ministero dell’Interno del 12 marzo 2020.
Sono di fatto vietati gli spostamenti degli individui da un Comune ad un altro, e anche all’interno di uno stesso Comune, con l’eccezione di quelli dovuti a:
comprovate esigenze lavorative;
situazioni di necessità;
motivi di salute.
Anche qualora lo spostamento abbia alla base uno dei motivi sopra indicati, la persona dovrà compilare e portare con sé un apposito modulo di autodichiarazione.
La circolare del ministero dell’Interno del 12 marzo 2020 ha specificato che gli spostamenti sono comunque consentiti per comprovate esigenze primarie non rinviabili, facendo come esempi l’approvvigionamento alimentare, la gestione quotidiana degli animali domestici, lo svolgimento dell’attività sportiva e motoria all’aperto.
È necessario mantenere comunque sempre la distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro, ed in generale rispettare le altre misure igienico-sanitarie contenute nell’Allegato 1 al DPCM 8 marzo 2020.
Riepilogando, il contesto normativo per quanto riguarda i singoli individui, applicabile quindi in generale anche ai volontari, si compone dei seguenti elementi fondamentali:
a) divieto di ogni spostamento salvo che per comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità oppure per motivi di salute;
b) obbligo di compilare e portare con sé il modulo di autocertificazione che attesti il motivo dello spostamento;
c) obbligo di rispettare la distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro.
Tali limitazioni si applicano almeno fino al 3 aprile 2020, data prevista nei DPCM 8 e 9 marzo 2020. -
Le limitazioni alle singole attività di volontariato
Come detto in precedenza, mancando ad oggi nei decreti disposizioni specifiche in tema di volontariato, appare necessario che l’ente e/o il volontario valutino il tipo di attività svolta, singolarmente o all’interno della propria organizzazione, alla luce del divieto generale di spostamento, per cui è ammessa deroga nei limiti dello stato di necessità.
Per quanto riguarda alcune attività specifiche legate al volontariato, sono ad oggi sospese (almeno fino al 3 aprile 2020) in particolare:
le manifestazioni e gli eventi di carattere culturale, ludico, sportivo, religioso e fieristico, anche se svolti in luoghi chiusi ma aperti al pubblico;
ogni attività convegnistica o congressuale;
le manifestazioni, gli eventi e gli spettacoli di qualsiasi natura, svolti in ogni luogo pubblico o privato;
per quanto riguarda lo sport agonistico, gli eventi e le competizioni sportive di ogni ordine e disciplina, in luoghi pubblici o privati (compresi quindi gli allenamenti);
l’apertura dei musei e degli altri istituti e luoghi della cultura;
i servizi educativi per l’infanzia e le attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado.Molte delle attività elencate sono spesso svolte dalle organizzazioni non profit, o comunque rappresentano ambiti all’interno dei quali si inserisce tipicamente l’attività di volontariato, singolo o organizzato. Tali attività sono ad oggi come detto sospese e quindi non possono essere realizzate.
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Le attività di volontariato realizzabili
Sembrerebbero invece legittime, e quindi ammesse, le attività di volontariato a favore di situazioni di particolare bisogno, ad esempio nei confronti delle persone anziane e disabili, in ragione della dimensione solidaristica che costituzionalmente le caratterizza. E ciò è giustificato dallo stato di necessità che caratterizza i servizi sociali, al fine di soddisfare esigenze primarie non rinviabili.
Le FAQ (domande frequenti) al “Decreto #IoRestoaCasa”, emesse dal Governo il 15 marzo 2020, confermano che l’attività di volontariato singolo o organizzato può essere svolta nei confronti delle fasce deboli della popolazione (ad esempio anziani o disabili) per consegnare loro alimenti, farmaci o altri generi di prima necessità, o anche per il disbrigo di pratiche amministrative (quali il pagamento delle bollette). Tali servizi si possono considerare necessari in quanto strumentali al diritto alla salute o ad altri diritti fondamentali della persona (alimentazione, igiene, ecc.).
Tali servizi potranno quindi essere erogati dai volontari e dalle organizzazioni (qualora le attività in questione rientrino in quelle previste dallo statuto), sempre però nel rispetto delle prescrizioni disposte per i singoli individui, ed in particolare:
l’obbligo di rispettare la distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro dagli utenti e dagli altri operatori o, comunque, ove questo non sia possibile, utilizzando i presidi sanitari necessari;
l’obbligo di compilare e di portare con sé l’autodichiarazione, indicando tra le motivazioni dello spostamento lo stato di necessità (barrando l’apposita casella) e più oltre, dove è richiesta l’esplicitazione della motivazione indicata, descrivere l’attività svolta (ad esempio, la consegna di generi alimentari al domicilio di anziano solo e impossibilitato). Potrebbe altresì rivelarsi utile (ma non indispensabile) il possesso da parte del volontario di una attestazione dell’organizzazione di appartenenza che dia certezza della sua qualifica di volontario.
Nelle FAQ il Governo ha inoltre evidenziato l’opportunità che tali attività, svolte dai volontari, “vengano sottoposte a coordinamento da parte dei servizi pubblici territoriali” (che fanno solitamente capo ai Comuni), al fine di organizzare al meglio gli interventi e distribuirli su tutto il territorio. È quindi consigliabile che l’ente dia comunicazione al Sindaco/Assessorato ai servizi sociali in merito all’attività svolta sul territorio comunale.
Detto questo, è importante sottolineare ancora una volta come nella situazione attuale tutti debbano essere responsabili, e cercare di rimanere il più possibile a casa al fine di non mettere in pericolo la vita degli altri individui. Tale considerazione porta innanzitutto a consigliare ai volontari di non muoversi in forma singola ma per il tramite di organizzazioni strutturate; e deve portare gli enti che pianificano e realizzano interventi in questa situazione emergenziale ad essere coscienti e consapevoli delle responsabilità che essi hanno nei confronti dei loro volontari, e quindi ad adottare tutte le misure al fine di tutelarli il più possibile. -
Sospensione temporanea dell’incompatibilità tra status di lavoratore e di volontario
Il Decreto Legge n.14 del 9 marzo 2020 ha dettato una disposizione ad hoc in tema di volontariato, sospendendo per il periodo emergenziale (quindi, ad oggi, fino al 31 luglio 2020, data prevista nella Delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020 che ha dichiarato lo stato di emergenza) l’applicazione dell’art.17, c.5 del codice del terzo settore, il quale vieta ad una stessa persona di svolgere attività di volontariato e di intrattenere anche rapporti di lavori
(subordinato, autonomo o di altra natura) con lo stesso ente del terzo settore. Sul tema si è di recente pronunciato anche il Ministero del Lavoro, con la Nota n.2088 del 27 febbraio 2020 (per approfondire Lavorare nel terzo settore? ‘Sì, solo se non è distribuzione di utili’ di Simona Bosisio e Silvia D’Angelo – Studio Legale Degani).
La disapplicazione dell’art.17, c.5, determina un duplice effetto:
a) consente che soggetti qualificati dalla legge come volontari, possano intrattenere anche rapporti di lavoro di qualsiasi tipo con l’ente nel quale svolgono la propria attività (ad esempio, un medico volontario in una associazione di volontariato che viene contrattualizzato);
b) consente che un lavoratore possa anche svolgere attività di volontariato, in qualità di volontario, nell’ente nel quale lavora (ad esempio, il medico dipendente che svolge anche attività di volontariato nella propria associazione).
È opportuno ribadire che tale deroga non apre in alcun modo alla possibilità che un volontario, in quanto tale, possa essere retribuito, ma è piuttosto rivolta a far sì che le organizzazioni possano sopperire ad eventuali carenze di personale istituendo rapporti lavorativi con eventuali volontari, che presentano idoneità e capacità all’attività a cui sono preposti.
La norma disapplicata, ad oggi, è senz’altro recepibile dagli enti che hanno la qualifica di Odv e Aps, ma di fatto è applicabile alla generalità degli enti non profit ed in ogni ambito di attività di interesse generale.
Scarica la sintesi – WORD
Scarica il parere legale – PDF
Attività di volontariato tramite contatto telefonico con i cittadini
Il presente materiale è stato redatto dalla Dott.ssa Sara Gaietta Psicologa Psicoterapeuta
Accredited Practitioner in EMDR.
Gli allegati sono stati messi a disposizione dall’ASSOCIAZIONE EMDR ITALIA (www.emdr.it).
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Quando il volontario chiama i cittadini
Queste prassi riguardano la situazione in cui l’operatore attivamente contatti le persone.
1) PRESENTARSI (Nome e Cognome) e PRESENTARE L’ASSOCIAZIONE/ ISTITUZIONE che sta effettuando la chiamata e gli OBIETTIVI del contatto: “Sono il Sig./Sig.ra…. faccio parte dell’associazione/istituzione etc…..La sto chiamando per…..”
2) IDENTIFICARE la SITUAZIONE che caratterizza la persona in merito al tema COVID-19 per riuscire ad inquadrare al meglio il BISOGNO con cui ci stiamo confrontando. Quali sono le informazioni utili da ricavare per questo obiettivo?
a) Età
b) Dove vive e con chi vive (se solo oppure no)
c) Se sta lavorando e quale lavoro sta facendo
d) Livello di vittimizzazione: con questo termine si fa riferimento al fatto che a seguito di un evento critico non tutte le persone sono esposte nello stesso modo all’evento stesso.
Esistono diversi livelli di vittimizzazione che possono essere immaginati come i cerchi concentrici che si determinano nell’acqua di uno stagno quando vi gettiamo un sasso.
– VITTIME DI 1° LIVELLO: coloro che subiscono direttamente l’evento. Nel caso del COVID-19 sono le persone positive all’infezione che siano esse in ospedale o al domicilio in quarantena.
– VITTIME DI 2° LIVELLO: parenti o persone care delle vittime di 1° livello;
– VITTIME DI 3° LIVELLO: soccorritori/operatori che entrano in contatto con le vittime di 1° e 2° livello
– VITTIME DI 4° LIVELLO: la comunità coinvolta nel disastro. Nel caso specifico del COVID-19 siamo tutti noi.
Al fine di gestire al meglio il contatto telefonico, è opportuno capire se stiamo parlando con una vittima di 1°-2°-3° tipo. Tenendo in mente che, in questa specifica emergenza, tutti noi siamo almeno vittime di 4° livello.
Nel corso della telefonata possiamo chiedere: “se sta bene, se le persone a lui/lei care stanno bene o se ci sono, nella sua cerchia affettiva persone che hanno contratto l’infezione. Se sta svolgendo un lavoro d’intervento verso le persone e che tipo di intervento”
Avere in mente questa distinzione ci aiuta a capire come gestire la comunicazione e proporre l’aiuto. In ogni caso è sempre opportuno:
3) chiedere COME HA REAGITO LA PERSONA e come STA REAGENDO ORA all’emergenza COVID-19
4) NORMALIZZARE E VALIDARE LE REAZIONI EMOTIVE I PENSIERI e SENSAZIONI FISICHE:
“E’ normale sentirsi spaventati, la paura ci serve anche per attuare dei buoni comportamenti che possano proteggersi e proteggere. E’ normale fare più fatica a concentrarsi e ricordare le cose, è una normale e passeggera reazione allo stress. E’ normale sentirsi soli, la nostra socializzazione è cambiata. E’ normale sentire che sembra di vivere in un film o come se fossimo in una bolla, le strade sono deserte, tutte le nostre abitudini sono al momento cambiate. E’ normale sentirsi più nervosi, irritabili, spesso in allerta sono anche queste reazioni comuni e passeggere allo stress. E’ normale che ci siano momenti in cui va meglio e momenti un cui stiamo un po’ peggio, la nostra mente sta elaborando notizie che arrivano di continuo.
Minimizzare o dire frasi come “Non deve avere paura” allontana la persona da noi perché non la fa sentire capita nelle sue emozioni, pensieri, sensazioni e comportamenti.
5) ORIENTAMENTO SUL PRESENTE: “Come è la sua giornata tipo?” “Cosa le piace fare?”…
6) Aiutare la persona ad ATTIVARE le proprie risorse: “In questi giorni cosa le è stato particolarmente di aiuto fare?” “Chi le è stato più di aiuto?” “In altre situazioni di difficoltà che cosa le è servito fare per stare meglio?”
Quando la persona porta le sue soluzioni, ad esempio: “mi è stato d’aiuto leggere, cucinare, sentire i miei amici per telefono…etc.” Possiamo sottolineare che queste cose sono importanti, anche se piccole, aiutano la nostra mente. E se hanno funzionato una volta, possono funzionare ancora per tutto il tempo in cui sarò necessario.
Possiamo chiedere alla persona di dirci che cosa intende fare concretamente una volta chiusa la telefonata con noi, a quali attività si dedicherà. Aiutandola così a programmare il proprio tempo
7) DARE INFORMAZIONI UTILI di buona prassi della gestione dell’emergenza COVID-19 (vedi materiale allegato)
8) Chiedere alla persona di MONITORARE la sua vita, ovvero di osservare come dorme, come si sente in generale.
9) Se necessario DARE INDICAZIONE o raccogliere RICHIESTE DI AIUTO
10) INDIRIZZARE le persone ai servizi territoriali preposti per fornire aiuto specialistico (Medici, Psicologi o altri operatori sanitari pubblici o privati).
11) CHIUSURA TELEFONATA:
– Ringraziare e riprogrammare il contatto: “La ringrazio per avere condiviso questo momento della sua vita così privato. Rimango a disposizione e se è d’accordo ci
possiamo risentire nuovamente fra una settimana per confrontarci ancora su come state e come si sta evolvendo la sua vita”
– Fornire disponibilità e dare indicazioni (numeri utili) a cui rivolgersi in caso di necessità specifiche (Se ha bisogno di …. Può rivolgersi a….)
– Salutarsi con parole positive.
COSA NON FARE:
– Non interpretare sintomi siano essi fisici o psicologici né fornire indicazioni per la loro gestione.
– Non dare indicazioni di comportamento che esulino dalle linee guida ufficiali
– Non sconfinare dalla relazione d’aiuto
– Qualora vengano formulare domande a cui non si ha risposta prendere tempo, informarsi e richiamare o demandare la domanda ad altro servizio. Non dare risposte approssimative, che esulino dalle proprie competenze e dalla natura del contatto telefonico.
– Non dimenticare che aiutare costa risorse, confrontatevi con i colleghi e chiedete aiuto se sentite che è necessario.
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Quando i cittadini chiamano il volontario
Nel momento in cui riceviamo una telefonata da parte di un cittadino si suggerisce la seguente prassi:
1) PRESENTARSI: Nome Cognome e PRESENTARE LA CORNICE entro la quale stiamo lavorando ovvero: “sono un operatore del…. in che cosa posso aiutarla”
2) CHIEDERE alla persona di PRESENTARSI per poter identificare al meglio la situazione con cui ci siamo confrontando. Quali sono le informazioni importanti da ricavare?
– Nome e cognome
– Età
– Da dove chiama
– Per quale motivo sta chiamando
Qualora la persona vi contatti per aspetti legati al COVID-19 occorre comprendere:
1) Se sta cercando informazioni pratiche in relazione al tema.
2) Se sta cercando una forma di supporto emotivo, di condivisione della sua situazione con un operatore.
Se la chiamata con cui ci stiamo confrontando riporta la necessità descritta nel punto 1 comprendere la natura della richiesta e rifarsi alle indicazioni contenute nel materiale presentato.
Se la chiamata con cui ci stiamo confrontando riporta la necessità descritta nel punto 2 la telefonata può essere gestita nel seguente modo:
– Esplicitare che la cornice dell’aiuto che potete svolgere e quella di ASCOLTO demandando gli altri bisogni ai servizi specialistici territoriali (Medici, Psicologi o altri operatori sanitari pubblici o privati).
– Tenere a mente che si sta parlando con una persona che non si conosce, con la quale non vi è una precedente relazione. Restare quindi sui contenuti che emergono nella telefonata senza forzare e rispettando sempre la distanza che la persona frappone tra sé e noi.
Se la persona lo consente, ricordando sempre che qualora non voglia può non rispondere alle nostre domande possiamo verificare alcuni aspetti:
– Capire il livello di vittimizzazione: con questo termine si fa riferimento al fatto che a seguito di un evento critico non tutte le persone sono esposte nello stesso modo all’evento stesso.
Esistono diversi livelli di vittimizzazione che possono essere immaginati come i cerchi concentrici che si determinano nell’acqua di uno stagno quando vi gettiamo un sasso.
– VITTIME DI 1° LIVELLO: coloro che subiscono direttamente l’evento. Nel caso del COVID-19 sono le persone positive all’infezione che siano esse in ospedale o al domicilio in quarantena.
– VITTIME DI 2° LIVELLO: parenti o persone care delle vittime di 1° livello;
– VITTIME DI 3° LIVELLO: soccorritori/operatori che entrano in contatto con le vittime di 1° e 2° livello
– VITTIME DI 4° LIVELLO: la comunità coinvolta nel disastro. Nel caso specifico del COVID-19 siamo tutti noi.
Al fine di gestire al meglio il contatto telefonico, è opportuno capire se stiamo parlando con una vittima di 1°-2°-3° tipo. Tenendo in mente che, in questa specifica emergenza, tutti noi siamo almeno vittime di 4° livello.
Nel corso della telefonata possiamo chiedere: “se sta bene, se le persone a lui/lei care stanno bene o se ci sono, nella sua cerchia affettiva persone che hanno contratto l’infezione. Se sta svolgendo un lavoro d’intervento verso le persone e che tipo di intervento” Avere in mente questa distinzione ci aiuta a capire come gestire la comunicazione e proporre l’aiuto.
In ogni caso, se la persona lo consente, è sempre opportuno:
1) chiedere COME HA REAGITO LA PERSONA e come STA REAGENDO ORA all’emergenza COVID-19
2) NORMALIZZARE E VALIDARE LE REAZIONI EMOTIVE I PENSIERI e SENSAZIONI FISICHE:
“E’ normale sentirsi spaventati, la paura ci serve anche per attuare dei buoni comportamenti che possano proteggersi e proteggere. E’ normale fare più fatica a
concentrarsi e ricordare le cose, è una normale e passeggera reazione allo stress. E’ normale sentirsi soli, la nostra socializzazione è cambiata. E’ normale sentire che sembra di vivere in un film o come se fossimo in una bolla, le strade sono deserte, tutte le nostre abitudini sono al momento cambiate. E ’normale sentirsi più nervosi, irritabili, spesso in allerta sono anche queste reazioni comuni e passeggere allo stress. E ’normale che ci siano momenti in cui va meglio e momenti un cui stiamo un po’ peggio, la nostra mente sta elaborando notizie che arrivano di continuo.
Minimizzare o dire frasi come “Non deve avere paura” allontana la persona da noi perché non la fa sentire capita nelle sue emozioni, pensieri, sensazioni e comportamenti.
3) ORIENTAMENTO SUL PRESENTE: “Come è la sua giornata tipo?” “Cosa le piace fare?”…
4) Aiutare la persona ad ATTIVARE le proprie risorse: “In questi giorni cosa le è stato particolarmente di aiuto fare?” “Chi le è stato più di aiuto?” “In altre situazioni di difficoltà che cosa le è servito fare per stare meglio?”
Quando la persona porta le sue soluzioni, ad esempio: “mi è stato d’aiuto leggere, cucinare, sentire i miei amici per telefono…etc.” Possiamo sottolineare che queste cose sono importanti, anche se piccole, aiutano la nostra mente. E se hanno funzionato una volta, possono funzionare ancora per tutto il tempo in cui sarò necessario.
Possiamo chiedere alla persona di dirci che cosa intende fare concretamente una volta chiusa la telefonata con noi, a quali attività si dedicherà. Aiutandola così a programmare il proprio tempo
5) DARE INFORMAZIONI UTILI di buona prassi della gestione dell’emergenza COVID-19
6) Chiedere alla persona di MONITORARE la sua vita, ovvero di osservare come dorme, come si sente in generale.
7) Se necessario DARE INDICAZIONE o raccogliere RICHIESTE DI AIUTO
8) INDIRIZZARE le persone ai servizi territoriali preposti per fornire aiuto specialistico (Medici, Psicologi o altri operatori sanitari pubblici o privati).
9) CHIUSURA TELEFONATA:
– Ringraziare: “La ringrazio per avere condiviso questo momento della sua vita così privato. Rimango a disposizione, qualora dovesse richiamare questo numero può
essere che sia io a rispondere ma può anche capitare che sia un altro mio collega a farlo.”
– Fornire disponibilità e dare indicazioni (numeri utili) a cui rivolgersi in caso di necessità specifiche (Se ha bisogno di …. Può rivolgersi a….)
– Salutarsi con parole positive.
COSA NON FARE:
– Non interpretare sintomi siano essi fisici o psicologici né fornire indicazioni per la loro gestione.
– Non dare indicazioni di comportamento che esulino dalle linee guida ufficiali
– Non sconfinare dalla relazione d’aiuto
– Qualora vengano formulare domande a cui non si ha risposta prendere tempo, informarsi e richiamare o demandare la domanda ad altro servizio. Non dare
risposte approssimative, che esulino dalle proprie competenze e dalla natura del contatto telefonico.
– Non dimenticare che aiutare costa risorse, confrontatevi con i colleghi e chiedete aiuto se sentite che è necessario.
Scarica il vademecum – PDF